Al fine di esporre con la maggior chiarezza possibile le ragioni giuridiche che dimostrano la manifesta illegittimità dell’applicazione alle locazioni brevi e/o turistiche della normativa in materia extralberghiera riferita alle CAV, cosa che avviene nei comuni lombardi in forza di un’errata linea interpretativa della normativa, fatta propria dalla Regione Lombardia, è opportuno partire da una premessa circa la normativa da applicarsi alle locazioni brevi e/o turistiche, che riporto di seguito.
La locazione turistica e/o breve (L. 96/2017) non è altro che una normale locazione in cui una delle parti (il conduttore) ha interesse a godere di un alloggio in una località diversa da quella nella quale abitualmente vive, e per questo è disposto a pagare un corrispettivo al locatore.
Come per qualsiasi altro contratto, il motivo (turistico o di altro genere) che spinge una delle parti a stipulare il contratto di locazione è irrilevante per l’ordinamento giuridico e non influisce sulla disciplina applicabile. In particolare, il motivo che induce il conduttore a prendere in locazione un alloggio in una località diversa da quella della propria abituale dimora non rappresenta elemento idoneo a sottrarre la disciplina della locazione turistica alla generale disciplina civilistica della locazione per sottoporla a quella delle legislazioni regionali in materia di turismo, di strutture ricettive e di esercizio delle attività turistico-ricettive.
Alla locazione turistica, quindi, si devono applicare le norme del codice civile e quelle delle leggi speciali che regolamentano in generale la locazione degli immobili adibiti ad uso abitativo.
Questo principio è stato chiaramente espresso dall’articolo 1, comma 2, lett. c) della legge 9 dicembre 1998 n. 431 che, disciplinando la materia della locazione degli immobili adibiti ad uso abitativo, ha stabilito quali norme della legge stessa dovessero applicarsi anche agli “alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche”.
Questo principio è poi ancor più chiaramente ribadito dall’articolo 53 dell’Allegato 1 al D.Lgs. 23 maggio 2011 n. 79 (cosiddetto “Codice del Turismo”), rubricato “Locazioni ad uso abitativo per finalità turistiche” che ha stabilito che: “Gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche, in qualsiasi luogo ubicati, sono regolati dalle disposizioni del codice civile in tema di locazioni”. Alla locazione turistica, quindi, si applicano le norme del codice civile e quelle delle leggi speciali che regolamentano in generale la locazione degli immobili adibiti ad uso abitativo e non si applicano, invece, le norme regionali in materia di turismo, di strutture ricettive e di attività turistico-ricettive (per quanto riguarda la Lombardia, quindi, non si applica la legge regionale 1 ottobre 2015 n. 27).
Dunque, gli alloggi locati esclusivamente per finalità turistiche dal loro proprietario non possono in alcun modo essere assimilati alle strutture ricettive e in particolare alle “case o appartamenti per vacanze”, disciplinate dalle legislazioni regionali (in Lombardia dall’articolo 26 della l.r. 1 ottobre 2015 n. 27) mediante le quali un gestore esercita una vera e propria attività turistico ricettiva che, a seconda dei casi, può essere qualificata come attività commerciale occasionale o come attività imprenditoriale a seconda che sussistano o meno i caratteri della professionalità e della organizzazione di cui all’articolo 2082 del codice civile in tema di locazione.
Poiché la locazione turistica è normalmente, ma non necessariamente, anche una locazione di breve durata, laddove il relativo contratto sia posto in essere tra persone fisiche che non agiscono nell’esercizio dell’attività di impresa, essa è oggi regolamentata anche da un norma di carattere fiscale (l’articolo 4 del d.l. 50/2017 convertito in Legge 96/2017).
La Circolare della Agenzia delle Entrate n. 24/E del 12 ottobre 2017 ha inoltre precisato che il contratto di locazione breve è teso a soddisfare esigenze abitative transitorie, anche per finalità turistiche, e può avere ad oggetto, unitamente alla messa a disposizione dell’immobile abitativo, la fornitura di biancheria e la pulizia dei locali (in quanto detti servizi, espressamente contemplati dall’articolo 4 del d.l. 50/2017, sono ritenuti strettamente funzionali alle esigenze abitative di breve periodo), e può avere ad oggetto anche altri servizi che corredano la messa a disposizione dell’immobile come, ad esempio, la fornitura di utenze, wi-fi, aria condizionata, i quali, seppure non contemplati dall’articolo 4 del d.l. 50/2017), risultano strettamente connessi all’utilizzo dell’immobile, tanto che ne costituiscono un elemento caratterizzante che incide sull’ammontare del canone o del corrispettivo.
Anche dal punto di vista fiscale le locazioni con finalità turistiche così come le locazioni brevi sono considerate produttive di reddito fondiario ai sensi dell’art. 36 del TUIR, tanto più se svolte senza fornitura di servizi accessori; l’Amministrazione Finanziaria infatti, con la R.M. 9/1916 del 31.12.1986, ha affermato quanto segue: “si ritiene che la fornitura, anche abituale, di appartamenti ammobiliati e camere mobiliate verso un determinato corrispettivo, non accompagnata dalla prestazione di servizi accessori, non è idonea ad integrare gli estremi necessari per la configurabilità di una attività imprenditoriale. In effetti in quest’ultima ipotesi la causa giuridico-economica del particolare rapporto che si viene a costituire tra l’affittacamere e il villeggiante è riconducibile alla fattispecie tipica del contratto di locazione, con il quale il locatore si obbliga dietro corrispettivo a far godere al locatario ed a tempo determinato un bene immobile, a nulla influendo l’eventuale possesso da parte del primo dell’autorizzazione amministrativa prescritta in materia dell’art. 108 del testo unico della legge di pubblica sicurezza”.
Il legislatore del 2017 ha definitivamente stabilito che la prestazione dei servizi indicati dall’articolo 4 del d.l. 50/2017, e dalla relativa Circolare esplicativa della Agenzia delle Entrate n.24/E del 12 ottobre 2017, consentono di mantenere la locazione breve (o turistica) nell’ambito della mera locazione con conseguente assoggettamento dei canoni di locazione alla disciplina dall’articolo 37 del TUIR prevista per i redditi da fabbricati (anche detti fondiari).
Detto questo, va ulteriormente precisato che, affinché ai fini Irpef si configurino redditi da fabbricati e non redditi d’impresa, è comunque necessario che la locazione turistica sia condotta senza organizzazione e professionalità.
Con riferimento alle modalità di determinazione di tali redditi da fabbricati, si osserva che gli stessi, in alternativa alle ordinarie modalità di tassazione, possono godere del regime sostitutivo di cui all’articolo 3 del D.Lgs. n. 23/2011, meglio noto come “cedolare secca”. Tale regime, infatti, può senz’altro trovare applicazione anche nei confronti delle locazioni turistiche, ovviamente fermo restando che dette locazioni presentino le caratteristiche necessarie a produrre redditi fondiari e non redditi da attività commerciali, nonché verificando la sussistenza degli altri requisiti soggettivi ed oggettivi per l’applicazione di detto regime sostitutivo.
Tali determinazioni sono state ulteriormente confermate dapprima dalla Circolare della Agenzia delle Entrate n. 26/E del 1 giugno 2011, e recentemente dalla Circolare della Agenzia delle Entrate n. 24/E del 12 ottobre 2017 già precedentemente citata.
La legge 1 ottobre 2015 n. 27 della Regione Lombardia in materia di ricezione extralberghiera, non detta alcuna disposizione in materia di locazione turistica o breve, probabilmente nella consapevolezza che l’emanazione di disposizioni in detta materia avrebbe determinato un’illegittima invasione delle competenze legislative dello stato, essendo ad esso riservata in via esclusiva la competenza in materia di ordinamento civile in cui rientra la locazione, con la conseguenza che la norma avrebbe potuto essere oggetto di ricorso da parte dello Stato avanti alla Corte Costituzionale per conflitto di competenza.
La Regione Lombardia ha fatto la scelta, criticabile perché a mio avviso illegittima, di assoggettare le locazioni turistiche o brevi alla normativa sulle CAV di cui alla precedentemente citata legge regionale in materia extralberghiera, in base ad un’interpretazione secondo cui CAV e locazioni turistiche e/o brevi sarebbero sostanzialmente la medesima cosa.
Sebbene si tratti di due fattispecie che obiettivamente hanno caratteristiche molto vicine, dalla lettura di quanto sopraesposto si può agevolmente comprendere che la locazione non è attività extralberghiera, e tale tesi è stata ulteriormente avvalorata dall’emanazione del recente d.l. 50/2017 convertito in Legge 96/2017, che ha precisato come i redditi derivanti da locazioni brevi rientrino tra i redditi fondiari.
In definitiva, si può ritenere che coloro che nella Regione Lombardia svolgono effettivamente attività di locazione (con esclusione ovviamente di chi fornisce servizi tipici delle attività extralberghiere), hanno diritto di svolgere detta attività senza essere assoggettati alla normativa sulle CAV con tutti i maggiori oneri che ne derivano, essendo detta attività da assoggettarsi esclusivamente alla normativa statale sulle locazioni.
Si deve ritenere per dette ragioni che coloro che subiscano eventuali sanzioni, qualora operino nella regolarità, possano ricorrere per contestarle con ragionevoli probabilità di successo.
Naturalmente per coloro che hanno già inviato dichiarazione al comune di svolgimento di attività di CAV, il problema si complica perché sono quantomeno onerati di dichiarare la cessazione dell’attività di CAV.
di Roberto Accossato, avvocato
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